Imparare a leggere le etichette

Scopriamo, insieme ala Dott.ssa Adriana Carotenuto, Biologa Nutrizionista, come leggere le etichette sui prodotti confezionati.

Le etichette alimentari sono un vero e proprio calderone di informazioni, tutte preziosissime ma non sempre altrettanto chiare e veritiere. Ecco perché abbiamo deciso di provare a stilare un piccolo vademecum per cercare di districarci in questa giungla di indicazioni.

Inanzitutto, cosa deve indicare?

  • Denominazione di vendita
  • Elenco degli ingredienti
  • Gli additivi
  • Il quantitativo
  • Termini di scadenza e modalità di conservazione e di utilizzo
  • Chi l’ha fatto
  • Lotto di appartenenza del prodotto

La denominazione di vendita altro non è che la descrizione del prodotto: gli può essere anche dato un nome di fantasia, ma deve comunque comparire la denominazione univoca (maionese, farina 00, ecc.) in modo che l’acquirente non sia tratto in inganno.

Le sostanze contenute nel prodotto (compresi additivi e acqua, se supera il 5%) devono essere indicati sull’etichetta in ordine di peso decrescente: perciò il primo ingrediente citato è quello più presente, seguono gli altri fino ad arrivare al meno presente. Quando troviamo la dicitura “in proporzione variabile” vuol dire che nessun ingrediente è prevalente rispetto agli altri. Quando, invece che con il loro nome specifico, gli ingredienti sono segnalati con il nome generico della categoria (es. “formaggio”).

Tra gli ingredienti rientrano anche gli aromi e qui occorre una precisazione: quando troviamo scritto genericamente “aromi” significa che si tratta di aromi artificiali, prodotti in laboratorio. Diversamente, se compare la dicitura “aromi naturali” si tratta di essenze, estratti, succhi ottenuti da materie vegetali. Inutile dire che è meglio preferire quei prodotti che contengono aromi naturali.

Cosa sono invece gli additivi? Si tratta di sostanze usate per diversi motivi: sono i famosi coloranti, emulsionanti, antiossidanti, edulcoranti. Ne esistono centinaia e ad ognuno corrisponde una sigla (che può essere sostituita dalla dicitura esatta dell’additivo) costituita dalla lettera E e da un numero: le sigle da E100 a E199 indicano i coloranti, quelle da E200 in sù si usano invece per gli altri tipi di additivi. Anche se autorizzati dall’Unione Europea, meglio sempre preferire quei prodotti a più basso contenuto di additivi.

L’etichetta deve riportare anche il peso o il volume netto del prodotto; nel caso di prodotti conservati in un liquido di governo deve essere indicato anche il peso sgocciolato.

Attenzione poi ovviamente alla data di scadenza: la dicitura “da consumarsi preferibilmente entro” indica che le caratteristiche del prodotto rimangono inalterate fino alla data indicata, dopodiché lo si può comunque consumare ma non se ne assicura l’integrità. Curiosità: non è vietato dalla legge vendere prodotti dopo questa data; in Gran Bretagna ad esempio sta fiorendo il commercio di prodotti “scaduti” a prezzi ribassati.

Quando invece leggiamo “da consumarsi entro“, si tratta di una scadenza vera e propria, dopo la quale il produttore non garantisce più.

La data dovrebbe (regola che purtroppo non sempre viene seguita) essere scritta in modo chiaro e leggibile, con caratteri indelebili e in una posizione facilmente individuabile dal consumatore. Essa deve indicare:

– il giorno, il mese e l’anno per i prodotti conservabili per meno di tre mesi (latte fresco, mozzarelle)

– solo il mese e l’anno per gli articoli conservabili per più di tre mesi ma per meno di 18;

– solo l’anno per alimenti come i pelati o le verdure in scatola conservabili per più di 18 mesi.

L’indicazione non è invece obbligatoria per i prodotti ortofrutticoli freschi, i vini, l’aceto, i superalcolici, il sale da cucina e lo zucchero.

Per i prodotti che hanno bisogno di una particolare conservazione (es. I surgelati) la modalità deve essere sempre indicata, così come il loro corretto utilizzo (es. La dicitura “consumare previa cottura”).